La Comunità che consegniamo al prossimo Consiglio

Il bilancio consuntivo dell’esercizio 2018 chiude, per la prima volta da molti anni a questa parte, in avanzo, per la precisione di € 134.876,38, in buona parte, ma non esclusivamente, a motivo delle operazioni straordinarie di alienazione di immobili a Torino (edificio di via Lombroso e due appartamenti in corso Palermo), a Milano (con la chiusura dell’annosa vicenda dell’appartamento di via Tartaglia) e a Genova (con la vendita di un appartamento, che siamo riusciti a effettuare pur in un momento di particolare crisi del mercato immobiliare in quella città).

Occorre infatti rilevare, e lo facciamo con grande soddisfazione, che il risanamento del bilancio comunitario è stato realizzato anche grazie a interventi puntuali di recuperi di efficienza, riorganizzazione degli uffici, riqualificazione e messa a reddito del patrimonio immobiliare, incremento dei contributi da Istituzioni pubbliche e Fondazioni, recupero delle morosità nel pagamento dei tributi degli iscritti, consistente aumento della redditività della Casa di Riposo, per l’occupazione di tutti i posti disponibili e l’adeguamento delle rette degli utenti.

Sono state quindi, a nostro parere, create le condizioni per una futura gestione della Comunità meno problematica e complicata, anche grazie all’anticipata estinzione di una parte del mutuo contratto per i lavori di ristrutturazione della Casa di Riposo e della Scuola.

Con ciò non si intende sostenere che la situazione per il futuro sia rosea, ma certamente minori preoccupazioni sul fronte della sostenibilità dell’ingente spesa necessaria per continuare a garantire un’elevata qualità di tutti i numerosi servizi erogati agli iscritti potranno consentire al Consiglio di dedicare un ancora maggiore impegno sul fronte delle attività culturali, educative, cultuali, sociali, assistenziali, nonché di una ferma e autorevole interlocuzione, oggi più che mai necessaria, con le Istituzioni, le altre confessioni religiose, il mondo dell’associazionismo culturale, l’Università e tutta la cittadinanza.

Con la presentazione del bilancio per l’esercizio 2018 termina il mandato quadriennale del Consiglio uscito dalle urne il 15 marzo 2015.

Consegniamo al nuovo Consiglio che verrà eletto il prossimo 7 aprile una Comunità in uno stato di salute migliore di quello che abbiamo ereditato dalle precedenti Amministrazioni, grazie al forte impegno di tutti i Consiglieri nei loro rispettivi campi di intervento e grazie al lavoro del Segretario e degli Uffici, svolto con competenza e dedizione.

Ma naturalmente, per garantire un futuro promettente alla Comunità, non potrà essere sufficiente l’azione del Consiglio. Occorrerà l’impegno di tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità e i propri interessi, per consolidare la nostra casa comune, in modo da corrispondere nel migliore dei modi alle legittime aspettative di coloro che la abitano e che la sentono come una realtà di cui non è possibile fare a meno, soprattutto nel difficile momento che stiamo attraversando.

Dario Disegni

Dichiarazione ex L. 124 del 2017

Il sottoscritto DARIO DISEGNI, nato/a TORINO il 15/5/1949, DOMICILIATO PRESSO L’ENTE in qualità di Presidente /Legale Rappresentante della COMUNITA’ EBRAICA DI TORINO con sede legale in TORINO, P.TTA PRIMO LEVI 12, Tel/Fax 011.6508332, CF 80082830011, PEC comunitaebraicatorino@legalmail.it, e-mail segreteria@torinoebraica.it, Sito web www.torinoebraica.it, VISTA la Legge n. 124 del 2017 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), che ha introdotto una serie di obblighi di pubblicità a carico dei soggetti privati che intrattengono rapporti economici con enti pubblici o con enti da questi controllati ai sensi dell’art. 2-bis del D.Lgs. n. 33 del 2013 DICHIARA che l’Ente di cui è Legale Rappresentante ha ricevuto i seguenti contributi per l’anno 2018: – contributi da pubblici per complessivi € 154.136,81 (Ente erogatore: Come di Alessandria, Comune di Asti, Comune di Acqui Terme, Comune di Torino, Regione Piemonte), su specifici progetti presentati e per spese correnti (ristrutturazione sinagoghe e cimiteri presenti su territorio); – contributo 5 per mille, € 15.671,87; – contributo da Az, Sanitaria Locale Città di Torino (ex Az. 1, ex Az. 2), da Az, Sanitaria Locale città di Cirè-Chivasso e Ivrea, e da Comune Torino (Servizio Anziani e Tutele) per complessivi € 298.813,39 per copertura/integrazione degenti presso Casa di Riposo; – contributo MIUR per attività scolastiche, € 240.143,72; – contributo Legge 15, (ripartizione della quota dell’otto per mille dell’IRPEF a diretta gestione statale dell’anno 2016) € 304.639,17 per opere di ristrutturazione della Sinagoga di Alessandria Torino 28 febbraio 2019 Il Presidente Dario Disegni

Trasmissione della Memoria: un impegno civile

Nell’anno appena trascorso e nei primi mesi di quello corrente, in tutto il Paese, ma in modo speciale a Torino, si sono svolti convegni e seminari, pubblicati libri, realizzati film e documentari, mostre, programmi educativi nelle scuole per ricordare gli ottant’anni dalla promulgazione delle infami leggi razziste.

Macchia indelebile nella storia del nostro Paese, quelle leggi, ideate e scritte di pugno da Mussolini e firmate dal Re Vittorio Emanuele III, che rinnegava in tal modo quei diritti di uguaglianza concessi  a tutti i “regnicoli” nel 1848 dal suo antenato Carlo Alberto,  “trovarono – come ha sottolineato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – a tutti i livelli delle istituzioni, della politica, della cultura e della società italiana connivenze, complicità, turpi convenienze, indifferenza”.

Quella “indifferenza”, che la Senatrice Liliana Segre ha voluto fosse riportata a caratteri cubitali quale monito perenne contro un atteggiamento insidioso e carico di pericoli, ieri come oggi, sul muro del Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, dal quale partivano i convogli per i campi di sterminio, divenuto oggi sede del Memoriale della Shoah.

Per ottant’anni nel nostro Paese il tema delle leggi razziali e della corresponsabilità delle istituzioni e di una parte della società (a parte qualche lodevole e qualificata attività di ricerca e convegnistica, rimasta però confinata all’interno della ristretta cerchia degli studiosi della materia) è stato sostanzialmente rimosso o comunque percepito in versione estremamente edulcorata dall’opinione pubblica, che ha in tal modo evitato di fare i conti con un passato scomodo, come ben più coraggiosamente ha fatto, ad esempio, la Germania.

Soltanto in questi mesi, per la prima volta, abbiamo assistito a un diffuso riconoscimento di quella pagina buia nella storia nazionale, che, con la negazione dei diritti, isolò dal resto della società i cittadini ebrei, aprendo la strada al dramma della deportazione e dello sterminio, ovvero alla negazione delle vite.

In questo 2019 ricorderemo poi, nel centenario della nascita, l’alto insegnamento che ci ha lasciato Primo Levi, di cui abbiamo ascoltato con intensa emozione lo scorso 21 febbraio la lettura di alcune pagine di straordinaria pregnanza e attualità, in una delle baracche del campo di Fossoli, da dove esattamente 75 anni orsono partirono i convogli diretti ad Auschwitz.

“Per noi parlare con i giovani – scriveva Primo Levi nella pagina conclusiva de “I sommersi e i salvati” –  è sempre più difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati. Dobbiamo essere ascoltati: al di sopra delle nostre esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento fondamentale ed inaspettato, fondamentale appunto perché inaspettato, non previsto da nessuno. E’ avvenuto contro ogni previsione; è avvenuto in Europa; incredibilmente, è avvenuto che un intero popolo civile, appena uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler è stato obbedito ed osannato fino alla catastrofe. É avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire”.

Oggi che i testimoni della tragedia delle leggi razziste e della Shoah stanno purtroppo scomparendo uno dopo l’altro, spetta a noi trasmetterne la memoria, non solo negli anniversari o il 27 gennaio, ma 365 giorni l’anno, soprattutto alle giovani generazioni, ignare di quell’orrendo passato o facile preda di una velenosa narrazione distorta, che si sta propagando a macchia d’olio, specie nei social media.

Trasmettere la memoria assume quindi il profondo significato di richiamare tutti a un indifferibile, oggi più che mai necessario, impegno civile e morale contro l’inquietante ripresa e il virulento sviluppo di  fenomeni di intolleranza, razzismo,  antisemitismo (spesso mascherato da un cosiddetto antisionismo), xenofobia, odio per tutti i diversi, a cui assistiamo sbigottiti in tutto il mondo, in Europa e nel nostro Paese.

Un impegno, come la Comunità Ebraica insieme a quella Valdese ha inteso ribadire nelle manifestazioni delle scorse settimane, in ricordo dell’emancipazione del 1848, e come è apparso nella scritta a caratteri cubitali che ha illuminato la Mole Antonelliana, che ci deve vedere in prima linea “per i diritti di tutti”.

Dario Disegni

Quale Adàr?

Il 5779, come è risaputo, è un anno embolismico che comprende quindi tredici mesi anziché dodici. Alcuni anni, sette in un ciclo di diciannove, hanno questa particolarità dovuta alla necessità che la festa di Pèsach cada in primavera, secondo quanto stabilito dalla Torà (Dt 16,1): “Osserverai il mese della primavera e farai il sacrificio pasquale al Signore tuo D. perché nel mese della primavera il Signore tuo D. ti fece uscire nottetempo dall’Egitto”. Per questo motivo, in determinati anni, viene aggiunto un mese di Adàr; la festa di Purìm viene fissata nel secondo Adàr che, sotto certi aspetti, è quindi considerato quello principale. Il motivo di ciò secondo la ghemarà non è legato però alla maggiore importanza del secondo Adàr rispetto al primo, ma alla volontà di avvicinare il più possibile la salvezza di Purìm a quella di Pèsach. Rimane pertanto la domanda circa quale sia il mese aggiunto, se il primo o il secondo Adàr. Il Talmùd Yerushalmì nel trattato di Meghillà riporta una discussione in merito, ma le Tosafòt (Rosh ha-shanà 19b) giungono alla conclusione che l’Adàr fondamentale sia il secondo, e che il primo sia pertanto quello aggiunto. Altri commentatori, ad esempio Rabbènu Nissìm, sono di un altro parere. Quando ci rapportiamo alla questione può sembrarci di poco conto, per via di un rapporto quantomeno superficiale con il nostro calendario e la nostra scansione del tempo; anticamente il peso di tale problematica doveva essere ben maggiore, con implicazioni in vari ambiti, come quello dei voti e della scrittura dei documenti, con una casistica abbastanza complessa, che non è possibile riportare in questa sede. Ciononostante, anche al giorno d’oggi ci sono delle conseguenze significative, particolarmente in due ambiti, quello dei bar mitzwà e degli anniversari. Per il bar mitzwà: negli anni embolismici, a meno che non si sia nati in un anno embolismico nel primo mese di Adàr, questo viene celebrato nel secondo Adàr (Ramà, Orach Chayìm 55,10). Per gli anniversari invece, c’è una differenza di indirizzo fra i sefarditi e gli ashkenaziti: lo Shulchàn ‘Arùkh infatti stabilisce (Orach Chayìm 568,7) che, se il decesso è avvenuto in un anno con un unico Adàr, si ricordi il defunto (e secondo il loro uso si digiuni) nel secondo Adàr. Il Ramà ritiene invece che si debba digiunare nel primo Adàr. L’uso a Torino, in base alla testimonianza di Isacco Levi z”l, riportatami da Rav Somekh, che ringrazio, è quella, a meno che il decesso non sia avvenuto nel secondo Adàr, di celebrare gli anniversari nel primo Adàr, secondo l’uso ashkenazita. Un’ultima questione riguarda l’insegnamento della ghemarà, secondo cui “da quando entra Adàr si accresce la gioia”. Nei responsa dello Yà’vetz (cap. 89) è spiegato che è evidente che in questo caso ci si riferisca al secondo Adàr, perché il motivo della gioia è, come per la lettura della meghillà fissata nel secondo Adàr, la vicinanza della redenzione di Purìm e di quella di Pèsach. Che D. possa destinare per noi tutti quanto prima una gioia e una redenzione completa.

Rav Ariel Di Porto

Shevat -Adar Rishon 5779 – Febbraio 2019

Alcune questioni sul nostro bet ha-keneset

Una buona parte della vita della nostra comunità si svolge all’interno del Bet ha-keneset. Nel Bet ha-keneset si avvicendano molte persone, frequentatori abituali, altri meno assidui, i ragazzi della scuola, scolaresche in visita. La gestione di tali flussi coinvolge a diverso titolo vari professionali e volontari, che voglio ringraziare per il loro impegno.

Negli ultimi mesi tuttavia è emerso, almeno in tre occasioni, uno spiacevole fenomeno sul quale dovremmo ragionare: il mancato ritrovamento, per non parlare di sparizione, di alcuni oggetti rituali, dal valore economico ed affettivo non indifferente, nella fattispecie, a mia memoria, due paia di tefillin e uno shofar.  Le ricerche nei vari ambienti comunitari non hanno portato i risultati sperati, con un danno non indifferente per i proprietari. Le ricerche infruttuose hanno tuttavia evidenziato alcuni punti, che vorrei condividere:

  • alcuni cassetti nel Tempio Piccolo, e molti altri nel Tempio Grande, contengono oggetti cultuali e altro materiale appartenente a persone scomparse ormai da tempo. Questi oggetti potrebbero avere un valore affettivo per i loro parenti, e non è logico comunque tenerli in quei cassetti, che potrebbero essere utilizzati da altri;
  • altri cassetti contengono con assoluta evidenza libri e altro materiale di proprietà del Bet ha-keneset, negando così di fatto la possibilità di farne uso ai frequentatori. Il numero dei nuovi siddurim, recentemente pubblicati, a disposizione del pubblico negli ultimi mesi ha subito una evidente flessione, e delle due l’una, o sono nei cassetti o sono stati asportati;
  • i cassetti non possono essere chiusi a chiave, e risultano accessibili a tutti. Sarebbe opportuno che i proprietari dei vari oggetti li rendessero identificabili, anche per permettere l’identificazione dei libri del bet ha-keneset al fine di metterli nuovamente a disposizione;
  • per ultimo, chiederei ai frequentatori di effettuare un controllo sui propri cassetti e segnalare la presenza di libri e quant’altro non di loro proprietà, per avviare le dovute verifiche.

Volevo poi aggiornare i membri della comunità sulla questione-minian, problema che mi sta molto a cuore, e che impegna non poco del mio tempo durante la settimana. Durante l’autunno e l’inverno, tranne rare eccezioni, nelle tefillot infrasettimanali c’è stata una buona continuità nella presenza del minian. Ultimamente tuttavia si è registrata una lieve flessione nelle presenze, che ha penalizzato fortemente il regolare svolgimento delle tefillot. Il nucleo dei partecipanti del lunedì e del giovedì mattina si attesta intorno alle venti persone, e un paio di presenze fisse “nuove” sarebbe in questo frangente determinante, così come la disponibilità a partecipare in modo saltuario (anche una volta al mese) da parte di più persone.

Rav Ariel Di Porto

Adar I-Adar II 5779- Marzo 2019

Premio Interfedi 2018 – Comunicato stampa

 

PREMIO INTERFEDI PER IL RISPETTO DELLE MINORANZE E PER LA LAICITÀ
AL 36° TORINO FILM FESTIVAL
Festeggia quest’anno la sua sesta edizione il Premio Interfedi, “Premio per il rispetto delle
minoranze e per la laicità”, che la Giuria Interfedi assegnerà all’interno del 36° Torino Film Festival
(23 novembre – 1 dicembre 2018).
Il riconoscimento, istituito nel 2013 per iniziativa della Chiesa Valdese e della Comunità Ebraica di
Torino, minoranze religiose storiche italiane, con l’adesione del Comitato Interfedi della Città di
Torino, intende premiare film che contribuiscono a dare voce a tutti i tipi di minoranze,
promuovendone il rispetto, il riconoscimento dei diritti, l’integrazione, il superamento delle
discriminazioni, e che al contempo affermano i valori della laicità, della cultura della tolleranza, del
rispetto dell’autonomia, della libertà e della responsabilità individuali.
Nel corso di questi anni, i temi ed i valori verso i quali il Premio vuole richiamare l’attenzione sono
risultati sempre più attuali e importanti quanto più gli stessi appaiono oggi messi in discussione.
Di fronte al diffondersi in tutta Europa di politiche di chiusure delle frontiere, atteggiamenti
xenofobi, un crescente clima di intolleranza, l’acuirsi di manifestazioni di razzismo, discriminazioni
del diverso per lingua, etnia, religione, il Premio Interfedi afferma l’accoglienza, la tolleranza, la
condivisione, la solidarietà, il rispetto reciproco, la dignità umana, l’accettazione delle diversità
etniche, culturali e religiose quali fondamenta per una società giusta ed inclusiva, capace di
promuovere l’incontro e lo scambio interculturale e in cui il diritto e la libertà del singolo individuo
(libertà di parola, di culto, di orientamento etico e sessuale) siano preservati.
Il cinema e il linguaggio cinematografico costituiscono un’efficace modalità per comunicare, per esprimere e trasmettere idee, per stimolare riflessioni, per avvicinare mondi lontani e culture
differenti, in un momento di incontro e confronto.
Ad esprimere un messaggio di dialogo tra le religioni e ad affermare la pluralità di fedi e culture
come occasione di arricchimento reciproco, i tre componenti della Giuria Interfedi sono designati,
uno ciascuno, dai tre promotori dell’iniziativa, Chiesa Valdese di Torino, Comunità Ebraica di Torino
e Comitato Interfedi della Città di Torino, che riunisce i rappresentanti di Cristianesimo (cattolici,
protestanti e ortodossi), Ebraismo, Induismo, Islamismo, Buddismo e del mondo mormone.
Nelle precedenti edizioni, il premio Interfedi è stato assegnato a La Plaga di Neus Ballus (2013), Felix
& Meira di Maxime Giroud (2014), Coup de Chaud di Raphaël Jacoulot (2015), Avant les Rues di
Chloè Leriche (2016) e À Voix Haute di Stéphane De Freitas (2017).
Per maggiori informazioni e dettagli sul premio, i film in concorso, sale, date

 

Comunicato_Stampa_Premio_Interfedi_2018

 

“Ancora troppi eventi antisemiti al Campus”

Notte dei cristalli

COMUNICATO STAMPA
GIOVEDI’ NOTTE SINAGOGA ILLUMINATA NELL’80° ANNIVERSARIO
DELLA NOTTE DEI CRISTALLI

Nella notte dal 9 al 10 novembre 1938, utilizzando come pretesto l’assassinio, avvenuto a Parigi il 6 novembre, del diplomatico tedesco Ernst von Rath da parte di un giovane esule ebreo, Hirsch Grynszpan, il regime nazista scatenò in tutta la Germania la furia antisemita contro i luoghi degli ebrei.
Quella notte, chiamata “Notte dei Cristalli” (in tedesco Kristallnacht), furono attaccati e distrutti migliaia tra Sinagoghe, negozi, uffici e abitazioni di ebrei e quasi duecento persone furono uccise, mentre vennero poi avviati nei campi di concentramento circa 30.000 ebrei.
Nell’ottantesimo anniversario di quel tragico evento, per tutta la notte tra giovedì e venerdì (anticipando la data di un giorno per concomitanza del 9 novembre con lo Shabbat), la Sinagoga torinese, così come migliaia di altre in ogni parte del mondo, terrà accese le proprie luci, in ricordo delle luci che furono spente a suo tempo.


Torino, 7 novembre 2018

Anna Vitale, 90 anni di impegno

Novanta anni in sukkà. Un pranzo nel cortile della scuola ebraica di Torino, dove ogni anno è allestita la capanna per la festa di Sukkot. Questa la scelta colta con entusiasmo sia dalla festeggiata, Anna Vitale – figura attiva nel panorama ebraico torinese, emigrata in Argentina da bambina nel febbraio del 1939, poi tornata in età adulta in Italia, che oltre a rivestire la carica di vicepresidente della comunità ebraica di Torino, è stata la prima presidente dell’Archivio Terracini, nato nel 1973, come Associazione, sulla base di un lascito di manoscritti ed edizioni rare del glottologo Benvenuto Terracini – sia da amici e parenti per celebrare in modo non convenzionale una rilevante cifra tonda.
Molti i membri della comunità torinese presenti, tra cui il rabbino Capo rav Ariel Di Porto e il presidente Dario Disegni. A descriverne in maniera scherzosa la personalità, i tratti distintivi, nonché pregi e difetti, i suoi quattro nipoti – Paolo, Alberto, Bruno e Susanna – che a turno, disposti ai quattro angoli della sukkà, hanno letto un componimento a mò di filastrocca.