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Purim locali delle comunità italiane

da Tedesco (URT e ArcT) / 25 Gennaio 2018 – ט׳ בשבט ה׳תשע״ח / Pubblicato il Corsi-Lezioni del Ufficio Rabbinico -
Nel tredicesimo numero di Torat Chayim Rav Nello Pavoncello dedica un articolo ai Purim locali delle comunità italiane. In tempi più recenti si sono interessati del tema Rav Amedeo Spagnoletto, Roberto Salvadori, che hanno scritto sulla notte degli Orvietani, o Purim Shenì di Pitigliano, e Pier Cesare Yoli Zorattini, che ha scritto sui Purim di Padova. Il primo di questi Purim, sembra essere quello di Siracusa, del XV sec. Sul tema si segnala l’articolo di Dario Burgaretta, Il Purim di Siracusa alla luce dei testi manoscritti, pubblicato in Materia Giudaica XI/1-2 (2006). Il fenomeno non riguarda solamente l’Italia ebraica, ma coinvolge anche il nord Africa, la Turchia, il Medio Oriente: Ariel Viterbo ne trae l’impressione che si tratti di un fenomeno mediterraneo. Partiamo dalla fine: Rav Pavoncello concludendo l’articolo scrive: “Sarebbe augurabile che i Purim locali non siano dimenticati o che siano ripristinati nelle comunità non del tutto estinte, affinché il ricordo degli avvenimenti ci ricolleghi agli infiniti anelli della catena delle generazioni che ci hanno preceduti, le quali hanno subito onte, percosse, violenze pur di non venir meno alla fede avita ed all’attaccamento al popolo d’Israele”. In generale si parla di Purim locali riferendosi ad alcuni giorni che commemorano la salvezza da una qualche grave sciagura che ha colpito un’intera comunità, così come avvenne ai tempi del re Acheshwerosh. In questi Purim in alcune comunità vi sono dei festeggiamenti particolari e si legge persino una speciale meghillah, nella quale si narra l’accaduto. A volte nella ‘amidah viene introdotta una formula speciale di ‘al ha-nissim. Questi giorni sono noti nella nostra tradizione come Purim shenì. In alcune comunità il Purim è preceduto da un digiuno, durante il quale vengono recitate speciali Selichot, così come avviene per il Purim propriamente detto. In alcuni luoghi si recita persino l’Hallel, che i chakhamim non hanno stabilito per il vero Purim, e ci si astiene dal lavoro. Rav Pavoncello segnala che l’elenco dei Purim locali contenuti nella Jewish encyclopaedia non è completo relativamente alle comunità italiane. Per questo, avvalendosi di altri lavori citati di Roth e Levinsky, Rav Pavoncello è riuscito ricostruire in maniera abbastanza esatta il quadro italiano. Le comunità che celebravano il loro Purim locale erano Ancona, Casale Monferrato, Ferrara, Firenze, Livorno, Padova, Senigallia, Trieste, Urbino, Verona. a) Il Purim di Ancona, chiamato anche Purim Qatan, veniva celebrato il 21 di Tevet. Il giorno precedente si usava digiunare. Conosciamo dei particolari circa questa celebrazione dall’opera Or Boqer di R. Yosef Fiammetta (Venezia, 1741): “il 21 di Teveth, venerdì sera, dell’anno 5451 (1690), alle ore 8 e 1/4 vi fu un fortissimo terremoto. Furono subito aperte le porte del tempio ed in pochi istanti esso si riempì di uomini, donne e bambini, ancora seminudi e scalzi, che vennero a rivolgere preghiere all’Eterno, davanti all’Arca Santa. Un vero miracolo avvenne allora nel Tempio: non vi era che un solo lume, che rimase acceso finché non fu possibile provvedere”. Nel Ghetto cadde un solo edificio, uccidendo sei persone; quattro salme furono recuperate, dopo che per tutta la notte si lavorò per sgombrare le macerie. L’anno seguente il Rabbinato decretò un digiuno seguito da un giorno di festa. Vennero composti uno speciale Widdui per il digiuno e un inno, accompagnato da vari strumenti musicali, per la festa. Il Chazan invitava il pubblico alla preghiera serale con la formula “Barekhù ‘adatì”; il pubblico rispondeva “Barukh podeh umatzil”. La preghiera serale era accompagnata da strumenti musicali. La ‘amidah era seguita dalla recitazione dell’Hallel intero, senza recitarne le benedizioni. b) Il Purim di Casale Monferrato, conosciuto come Purim dei Tedeschi, fu celebrato sino ad alcuni anni prima delle leggi razziali il 23 di Nissan. A questo Purim dedicò un articolo S. Foà sulla rassegna mensile di Israel nel giugno 1949, dove viene illustrato il cerimoniale della giornata: “circa due ore prima che tramonti il sole, dopo che sono state chiuse le porte del mercato, tutto il popolo, uomini e donne, si raduna nella casa del Signore. Dopo il Kaddish si estraggono tre Sefarim e si portano sul Dukhan, e mentre il Chazzan canta con voce soave i Salmi 46,66, 127 e 137, si rimettono i Sefarim nell’Aron e si comincia la preghiera di Minchà; poi il Rabbino o uno dei Capi della Comunità prende in mano un bacile d’argento e va in giro a raccogliere le offerte dei singoli, che vengono divise tra i poveri. A Casale si festeggiava anche un Purim delle bombe, che ricordava l’assedio spagnolo del 1640 o del 1648. c) A Ferrara si festeggiava un Purim Qatan il 24 Kislew, in ricordo dello scampato pericolo del Ghetto da un incendio. d) In Ketav ha-dat Daniel Terni, probabilmente all’epoca rabbino della comunità di Firenze, descrive l’assalimento del ghetto da parte di un gruppo di persone il 27 Siwan 5550 (1790). Grazie all’intervento del Vescovo la folla venne allontanata. Per questo i fiorentini digiunavano il 26 di Siwan, recitando varie elegie e leggendo la Parashah dei digiuni, mentre il 27 si scambiavano doni e leggevano l’Hallel. e) Sino a non molti decenni fa gli ebrei di Livorno digiunavano il 22 di Shevat, poiché nel 1742 la Comunità venne salvata da un terremoto che minacciò la città. Gli eventi di quei giorni sono narrati nella cosiddetta Meghillat Yedidiah, un testo celebrativo di un ebreo, commerciante livornese, che venne malmenato quasi a morte il 12 di Shevat, e scrisse un componimento per tramandare il ricordo della sua salvezza. Il Rabbino Malakhì ha-Kohen compose il cerimoniale di quel giorno, Qol tefillah e Shivchè Todah (5504). Il Sabato successivo, chiamato Shabbat dei terremoti, si usava recitare l’Hallel con tono solenne. f) A Padova si celebravano alcuni giorni di Purim Qatan: il Purim di Buda, stabilito per il 10 di Elul nel 5444 (1684), perché gli ebrei, accusati di aver aiutato i turchi durante l’assedio della città di Buda, si salvarono per via dell’aiuto di molti cattolici e maggiorenti della città; il Purim del fuoco, in ricordo dell’incendio che colpì il ghetto l’11 di Siwan del 1795. I particolari sono riportati dal Rabbino Refael Finzi nel libro Leshon Esh; in tempi più recenti (1927) il Rabbino Castelbolognesi istituì il Purim della Parashah di Toledot, per via di un tentativo di incendio del Tempio di Padova da parte dei fascisti. Il venerdì sera di quello Shabbat si recitava uno speciale ‘al ha-nissim in ricordo di quella circostanza. g) A Roma si celebra il 2 di Shevat, il Purim di piombo, che ricorda un tentativo di incendio del Ghetto da parte della plebaglia nel 1793. L’origine del nome è incerta. Secondo gli anziani il nome è dovuto al fatto che il cielo si coprì di dense nubi, e una densa pioggia spense l’incendio. Secondo altri l’appellativo di piombo serve ad indicare che si tratta di un mo’ed secondario, da non confondersi con quelli principali. Secondo Rav Pavoncello la prima ipotesi è più credibile. Durante quel giorno non si recita il tachanun. La sera il rabbino teneva una particolare derashah nella quale spiegava il motivo della ricorrenza. L”Arvit era recitato con l’aria dei giorni festivi e preceduto dalla lettura di vari Salmi. Veniva poi recitato solennemente un pizmon “or zeh zeman nissim le’ammò El”, composto da David Bondì, come risulta dall’acrostico delle ultime strofe. h) Il 15 di Siwan 5559 (1799) gli ebrei di Senigallia furono miracolosamente salvati, dopo che i francesi li avevano depredati e ne avevano uccisi tredici. Furono salvati dagli ebrei di Ancona, che venuti a sapere del fatto, inviarono delle navi per trarli in salvo. Il 14 di Siwan si digiunava ed il 15 si leggeva una speciale meghillah, si faceva un banchetto e si scambiavano i doni come nel vero Purim. i) Nel 1833 a Trieste un certo padre Nuvoli nelle proprie prediche attaccò violentemente, fra gli altri, gli ebrei. In particolare il predicatore lanciò un anatema contro chi accettava elemosine degli ebrei. Il predicatore morì nei giorni precedenti Purim e venne sepolto proprio all’ora del banchetto festivo. La poetessa Rachel Morpurgo compose una poesia intitolata Haman nafal, hakes nikfal (Haman è caduto, il miracolo è raddoppiato). l) Ad Urbino l’11 di Siwan venne proclamato poiché la comunità venne salvata da un grave pericolo per intercessione delle truppe francesi nel 1799. m) A Verona il 20 di Tammuz ricorda l’episodio in cui il capo della città si presentò nel 1607 per chiudere il Ghetto dall’esterno, rendendo impossibile agli ebrei di uscirne per procacciarsi da vivere. Alla fine tuttavia concesse agli ebrei di chiudere il Ghetto dall’interno e questo fu ragione di grande giubilo. n) Anche la comunità di Venezia ricorda il Venerdì della bomba: nel 1849 una bomba trafisse il soffitto del Tempio Spagnolo, sprofondando sui gradini dell’Aron, senza esplodere e senza recare danni. Sui gradini dell’Aron c’è un’iscrizione che recita: “Qui sprofondò una bomba, rovinando s’inabissò, danno non produsse, passò irrompendo, ma con giudizio, la sera del capo mese di Elul 5609 nell’ora della preghiera”. Quell’avvenimento è ricordato con una speciale preghiera, composta dal rabbino di allora, Avraham Lattes, che fu autore anche dell’epigrafe sull’Aron. In un articolo, pubblicato in Materia Giudaica VI/1 del 2001, Ariel Viterbo crede che sia necessario, anche alla luce degli ultimi studi, stilare un elenco completo dei Purim locali, attraverso una catalogazione che presenta elementi fissi: luogo, tempo, evento, elemento salvatore, forma della decisione, contenuto della decisione, descrizioni dell’evento, modalità di celebrazione, sopravvivenza delle celebrazioni nel tempo, modalità di segnalazione e di celebrazione odierna, bibliografia.
Taggato in: Purim locali italiani, Rav Ariel Di Porto, Torat Chayim

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