GIORNO DELLA MEMORIA – 27 gennaio 2023
Anche quest’anno, dal Palazzo del Quirinale alle Aule dei Consigli Comunali di tutto il Paese e in moltissime iniziative nelle scuole, nei teatri, nelle sale convegni viene ricordata la Shoah in un appuntamento centrale nel calendario civile della Nazione, quel Giorno della Memoria, istituito nel 2000 dal Parlamento della Repubblica con una legge approvata all’unanimità, su proposta dell’on. Furio Colombo, che si adoperò per quasi cinque anni per raggiungere questo risultato.
Il rischio che dobbiamo però ancora una volta evitare è quello che esso venga ricondotto a una sorta di cerimonia formale e retorica cui il Paese è tenuto il 27 gennaio di ogni anno.
Abbiamo letto in questi giorni un certo sconforto affiorare nelle parole di una delle principali testimoni ancora in vita dell’orrore dei campi di sterminio, la Senatrice a vita Liliana Segre, secondo la quale tra qualche anno sulla Shoah “ci sarà una riga sui libri di storia” e poi “nemmeno più quella”.
“Liliana Segre teme la noia. E ha ragione” ha commentato il Presidente Onorario del Memoriale della Shoah di Milano, Ferruccio De Bortoli, in un editoriale sulla prima pagina del Corriere della Sera. “Noi temiamo, con lei, l’assuefazione, il rigetto magari per un sovrappeso di avvenimenti, l’insincerità di manifestazioni dovute e non sentite, la voglia di rimuovere il passato nella convinzione che ciò favorisca la costruzione del futuro”.
Eppure io credo che, pur comprendendo le gravi preoccupazioni di Liliana, dobbiamo invece fare nostre le affermazioni di due altri grandi testimoni, come Edith Bruck e Sami Modiano.
Ha detto in una intervista Edith: “Io non sono così pessimista come Liliana, porto la mia testimonianza da oltre sessant’anni, non credo di aver parlato e scritto a vuoto”. Una testimonianza “che è servita sicuramente, basta giudicare dalle migliaia di lettere e disegni che ricevo dai ragazzi di tutta Italia; io credo, in qualche misura, di aver cambiato qualcosa”. Non molto, afferma, “perché certamente non posso cambiare io il mondo, ma non penso che non resterà nulla di noi”.
“Non smettete di raccontare quell’orrore” ha poi ribadito con forza Modiano. “Quando non ci saremo più io o Liliana Segre o gli altri sopravvissuti, ci saranno i ragazzi, la speranza del domani. Non sapete quante lettere e telefonate mi arrivino da loro. Sono stato a lungo demoralizzato e chiuso in me stesso, ho attraversato lunghe fasi di depressione, ma tutto è cambiato quando ho iniziato a parlare e, da vent’anni a questa parte, sono un uomo più felice. Quando sarà il mio momento me ne andrò in pace, sapendo di avere lasciato ai giovani la mia testimonianza. E non solo a loro, anche agli insegnanti e a tutte le persone volenterose. Promettetemi che continuerete a raccontare”.
“Continuare a raccontare”, dunque, per ricordare e per educare coloro che non sanno, coloro che hanno dimenticato o che hanno conservato un’immagine sbiadita ed edulcorata della tragedia della Shoah, coloro che la banalizzano paragonandola scelleratamente a situazioni che stiamo vivendo in questo difficile periodo, nel quale fenomeni di intolleranza, di razzismo e di antisemitismo stanno purtroppo riemergendo con sempre maggiore virulenza in tutto il mondo.
Il grande dilemma dei nostri giorni è ovviamente rappresentato dalla progressiva sparizione, per legge di natura, dei sopravvissuti e della loro preziosa testimonianza diretta: la voce dei testimoni diretti è stata ed è, infatti, fondamentale per trasmettere non solo i fatti, ma le profonde emozioni legate al dolore, al senso della morte e dell’orrore.
“Ma per provare la Shoah, insieme alla memoria – ha scritto in questi giorni Anna Foa – per descriverne i meccanismi, per ricordare i nomi delle vittime, come quelli dei carnefici, abbiamo anche altre prove, ne siamo sommersi. E questa è la funzione della storia”. E quindi “la scomparsa dei testimoni può e deve solo spingerci a studiare e approfondire nuovi modi di trasmissione, nuovi percorsi memoriali. Continuando naturalmente a ricreare in noi, mentre lo facciamo, la stessa partecipazione con cui lo hanno fatto coloro che ci stanno a poco a poco lasciando”.
C’è dunque un enorme lavoro da svolgere, non solo il 27 gennaio, ma in ciascuno dei 365 giorni dell’anno, per non far cadere nel vuoto le parole dei pochi sopravvissuti alla Shoah e per un indispensabile e indifferibile impegno delle Istituzioni, della scuola, delle associazioni culturali, delle forze politiche e sindacali, delle confessioni religiose per operare nella trasmissione della memoria e, attraverso questa, per far crescere una coscienza civile che affondi le sue radici nei valori di eguaglianza, giustizia e libertà sanciti nella Costituzione della nostra Repubblica nata dalla Resistenza al nazi-fascismo.
È quanto stanno facendo con grande professionalità e passione nella nostra città il Polo del 900 e gli Istituti che ne fanno parte, dall’ISTORETO al Museo Diffuso al Centro Internazionale di Studi Primo Levi e a tutti gli altri.
E’ quanto sta facendo a livello nazionale il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS) di Ferrara, che ho l’onore di presiedere, che ha il compito istituzionale di narrare, attraverso mostre, convegni, seminari, conferenze, laboratori didattici, la vicenda degli Ebrei in Italia, non solo con riferimento al periodo della Shoah, ma facendone conoscere l’intera storia, che risale a oltre 2.200 anni fa e che si intreccia strettamente con la storia e la cultura del nostro Paese, in periodi di feconda interazione e di grandi contributi allo sviluppo delle arti e delle scienze e in altri oscuri di persecuzioni, pogrom ed espulsioni.
Due giorni fa al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara mille ragazzi delle scuole che affollavano ogni ordine di posti, dalla platea al loggione, e ben 650 scuole collegate in diretta streaming da ogni parte d’Italia, hanno ascoltato in religioso silenzio due sopravvissute ai campi di sterminio, Tatiana e Andra Bucci, e il professor Bruno Maida sul delicatissimo tema della Shoah dei bambini, ponendo poi domande di grande intensità emotiva ai relatori.
Sono questi fatti che ci danno speranza per il futuro e che ci spronano a fare sempre di più e sempre meglio con un ventaglio di iniziative sempre più adeguate ai tempi.
Vorrei concludere il mio intervento, dando notizia di una intesa siglata in questi giorni, che ha portato alla costituzione di una Rete dei Musei della Memoria, che ha l’obiettivo di rafforzare una riflessione, nelle nuove generazioni, sul valore irrinunciabile del rispetto dei diritti umani, contro ogni forma di intolleranza e violenza. A farne parte il Civico Museo della Risiera di San Sabba – Monumento Nazionale nel Comune di Trieste, la Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, la Fondazione Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara, la Fondazione per il recupero e la valorizzazione della memoria storica del Campo di Fossoli, la Fondazione Museo della Shoah di Roma il e Museo Internazionale della Memoria Ferramonti di Tarsia. La Rete si propone, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, di aprire sempre più le porte di tali luoghi ad alunni e insegnanti delle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione. Significativo in tal senso il contributo appena deliberato da Trenitalia – Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, che proporrà biglietti a prezzi fortemente scontati agli istituti che ne faranno richiesta entro il 31 dicembre di quest’anno.
Si tratta di una iniziativa di grande importanza che va proprio nella direzione di offrire risposte al tema del futuro della memoria. Come ha commentato Milena Santerini, fino a ieri coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, essa rappresenta “un impegno concreto e rilevante, anche perché nasce da una rete, da un comune sentire rispetto alle molte sfide del presente. E soprattutto perché porta attenzione su realtà che si trovano nel nostro Paese, ricordandoci che quel passato e certe responsabilità storiche ci riguardano molto da vicino”.
DARIO DISEGNI
Presidente Comunità Ebraica di Torino
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