
Il 5779, come è risaputo, è un anno embolismico che comprende quindi tredici mesi anziché dodici. Alcuni anni, sette in un ciclo di diciannove, hanno questa particolarità dovuta alla necessità che la festa di Pèsach cada in primavera, secondo quanto stabilito dalla Torà (Dt 16,1): “Osserverai il mese della primavera e farai il sacrificio pasquale al Signore tuo D. perché nel mese della primavera il Signore tuo D. ti fece uscire nottetempo dall’Egitto”. Per questo motivo, in determinati anni, viene aggiunto un mese di Adàr; la festa di Purìm viene fissata nel secondo Adàr che, sotto certi aspetti, è quindi considerato quello principale. Il motivo di ciò secondo la ghemarà non è legato però alla maggiore importanza del secondo Adàr rispetto al primo, ma alla volontà di avvicinare il più possibile la salvezza di Purìm a quella di Pèsach. Rimane pertanto la domanda circa quale sia il mese aggiunto, se il primo o il secondo Adàr. Il Talmùd Yerushalmì nel trattato di Meghillà riporta una discussione in merito, ma le Tosafòt (Rosh ha-shanà 19b) giungono alla conclusione che l’Adàr fondamentale sia il secondo, e che il primo sia pertanto quello aggiunto. Altri commentatori, ad esempio Rabbènu Nissìm, sono di un altro parere. Quando ci rapportiamo alla questione può sembrarci di poco conto, per via di un rapporto quantomeno superficiale con il nostro calendario e la nostra scansione del tempo; anticamente il peso di tale problematica doveva essere ben maggiore, con implicazioni in vari ambiti, come quello dei voti e della scrittura dei documenti, con una casistica abbastanza complessa, che non è possibile riportare in questa sede. Ciononostante, anche al giorno d’oggi ci sono delle conseguenze significative, particolarmente in due ambiti, quello dei bar mitzwà e degli anniversari. Per il bar mitzwà: negli anni embolismici, a meno che non si sia nati in un anno embolismico nel primo mese di Adàr, questo viene celebrato nel secondo Adàr (Ramà, Orach Chayìm 55,10). Per gli anniversari invece, c’è una differenza di indirizzo fra i sefarditi e gli ashkenaziti: lo Shulchàn ‘Arùkh infatti stabilisce (Orach Chayìm 568,7) che, se il decesso è avvenuto in un anno con un unico Adàr, si ricordi il defunto (e secondo il loro uso si digiuni) nel secondo Adàr. Il Ramà ritiene invece che si debba digiunare nel primo Adàr. L’uso a Torino, in base alla testimonianza di Isacco Levi z”l, riportatami da Rav Somekh, che ringrazio, è quella, a meno che il decesso non sia avvenuto nel secondo Adàr, di celebrare gli anniversari nel primo Adàr, secondo l’uso ashkenazita. Un’ultima questione riguarda l’insegnamento della ghemarà, secondo cui “da quando entra Adàr si accresce la gioia”. Nei responsa dello Yà’vetz (cap. 89) è spiegato che è evidente che in questo caso ci si riferisca al secondo Adàr, perché il motivo della gioia è, come per la lettura della meghillà fissata nel secondo Adàr, la vicinanza della redenzione di Purìm e di quella di Pèsach. Che D. possa destinare per noi tutti quanto prima una gioia e una redenzione completa.
Rav Ariel Di Porto
Shevat -Adar Rishon 5779 – Febbraio 2019